Proprio in questi giorni è in discussione, in Commissione Giustizia della Camera, il progetto di Legge sull’Omicidio Stradale, e, proprio in questi giorni, fioriscono iniziative sulle quali, come presidente di ASAIS-EVU Italia (gruppo nazionale dell’Associazione Europea di Analisti Ricostruttori EVU) ritengo necessario intervenire, puntualizzando alcuni aspetti inerenti la professionalità e la formazione dei tecnici che si occupano della ricostruzione degli incidenti stradali.
Leggo, notizia ANSA del 10 settembre sul recente Convegno RDIS organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dal Consiglio Nazionale dei Periti Industriali, alcune considerazioni sulla figura del Ricostruttore, che considero non condivisibili e un po’ pericolose. In sintesi: se mi trovo perfettamente d’accordo con Lei quando afferma che “è fondamentale che l’accertamento della verità passi proprio attraverso la scelta di professionisti qualificati e di elementi certi in mano poi del giudice”, mi preoccupo molto quando i dirigenti degli ordini professionali propongono i loro iscritti come unici depositari delle capacità tecnico-scientifiche necessarie. Leggo che: Giampiero Giovannetti (presidente del C.N.P.I.), considera fondamentale un testuale riferimento ai professionisti competenti in materia (indicando, ovviamente, i suoi iscritti) “non per una difesa corporativa, ma semplicemente per evitare che a pagare siano i cittadini e vengano meno i diritti alla sicurezza e alla salute garantiti dalla Costituzione”. Armando Zambrano (per l’Odine degli Ingegneri) afferma che “le perizie devono essere affidate a professionisti, formati, iscritti agli albi, e costantemente aggiornati su una normativa così complessa, a tutela dei cittadini”, intendendo, è chiaro, gli ingegneri. È assolutamente vero che le perizie, in un campo così delicato, devono essere affidate a dei tecnici esperti, formati e costantemente aggiornati, ma non è vero che l’appartenenza a un Ordine o a un Collegio garantisca le competenze necessarie. Negli ultimi anni si è via via assistito a tentativi di associare, all’attività dell’analista ricostruttore degli incidenti stradali, alcuni percorsi scolastici o accademici. Si tratta di tentativi da respingere dal momento che l’attività di analisi e ricostruzione degli incidenti stradali è un’attività senz’altro multidisciplinare che non trova in alcun percorso formativo esistente una sistematica trattazione delle sue basi scientifiche e sue articolazioni tecniche. Molteplici sono le conoscenze tecnico-scientifiche necessarie, così come molteplici sono i percorsi accademici e formativi di coloro che, oggi, si dedicano a questa attività professionale. Occorre preliminarmente ricordare la ricostruzione di un incidente stradale è, sostanzialmente, la risoluzione di un problema di fisica, reso più complicato dal fatto che, sul sistema studiato, agiscono gli attriti, i comportamenti umani, le infrastrutture viarie ecc. ecc. Per tale motivo, come per la risoluzione di un problema di fisica, è necessario che l’analista ricostruttore, da una parte sia in grado di comprendere e saper interpretare i dati raccolti dagli investigatori e, dall’altra, che domini gli strumenti matematici e fisici (ma anche tecnologici e informatici) necessari a ricostruire la più attendibile e probabile dinamica dell’evento. Ma non è sufficiente: l’esperto ricostruttore deve anche saper analizzare, comprendere e valutare tutto ciò che è stato causa, concausa o, semplicemente, ha favorito il verificarsi dell’evento: dalle condizioni psicofisiche dei conducenti (per gli effetti che hanno sui comportamenti), agli apparati elettronici di ultima generazione istallati sui veicoli (per gli effetti che hanno sulla dinamica dei veicoli), alle condizioni della strada e alle visuali (anche in relazione alle condizioni ambientali). Va da sé, dunque, che trattare la ricostruzione di un incidente stradale come una questione meramente ingegneristica è assolutamente sbagliato e limitativo. E’ sbagliato perché le conoscenze di base sono di carattere matematico fisico, prima ancora che ingegneristico, perché le sperimentazioni sulle quali si deve formare un ricostruttore (crash test, prove su simulatori ecc. ecc.) sono assolutamente mirate e specifiche e nessun titolo di studio le prevede; è limitativo perché le conoscenze che caratterizzano l’analisi di un incidente nascono dagli approfondimenti che, caso per caso, un analista ricostruttore deve affrontare nel corso della sua vita professionale, spesso chiedendo il contributo di medici, psicologi, informatici, tecnici esperti della componentistica dei veicolo, giuristi. Lo specialista ricostruttore è dunque anche un esperto che, sulla base dei dati disponibili e delle caratteristiche dell’evento, partendo dalle proprie conoscenze e dalla propria esperienza, è in grado di capire se e quanto sia importante chiedere il supporto di altre figure professionali, apparentemente estranee, ed è in grado di porre le domande più appropriate. Basterebbe esaminare gli atti dei Congressi e delle Giornate di Studio organizzate negli ultimi 10 anni dalle due principali associazioni di ricostruttori in Italia (ASAIS e EVU Italia, oggi unite in un’unica associazione) per avere un’idea della formazione e dell’aggiornamento al quale si sottopongono gli specialisti di settore per avere un‘idea della vastità delle problematiche che l’analista ricostruttore deve affrontare. Non a caso in ASAIS-EVU Italia oggi operano con profitto, dopo essere stati iscritti a seguito di verifiche specifiche, ingegneri e periti industriali ma anche, per esempio, matematici e fisici e altri tecnici ancora. E tutti sono tenuti a aggiornarsi con continuità e professionalità, seguendo corsi appositamente progettati, ai quali partecipano, non a caso, anche periti e ingegneri non iscritti. La stessa UNI, nel definire le competenze dell’analista ricostruttore di incidenti stradali [Norma 11294], ha ritenuto di dover superare il presupposto del titolo di studio specifico, inesistente, essendosi già espressi sia il Garante della Concorrenza e del Mercato s il Ministero della Giustizia sulla mancanza di riserve a favore di qualsivoglia Albo o Collegio, e si è concentrata sulle conoscenze specialistiche necessarie. In conclusione, non solo non esistono, come si è visto, titoli di studio ‘privilegiati’ per gli analisti ricostruttori, ma non sembra neppure che i tentativi di ottenere competenze esclusive da parte di ordini e collegi siano in linea con quanto indicato dal Garante della Concorrenza e del Mercato (oltre che dall’Europa) in merito alle riserve di legge a favore di albi o ordini professionali. Il presidente di ASAIS-EVU Italia
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