Proponiamo delle brevi riflessioni sull’incidentalita’ in Italia nel 2019 basandoci sul rapporto presentato da ACI e ISTAT.
Lo scorso anno si e’ registrato un lieve decremento nel numero dei feriti (-0,6% su scala nazionale) e una ancora maggiore riduzione delle Vittime della Strada (-4,8%).
Pur a fronte di questi dati incoraggianti si osserva, pero’, un sensibile aumento di Vittime che interessano incidenti nei quali sono coinvolti i ciclisti (+ 15,5%) e i motociclisti (+1,6%).
Analizzando i dati dell’incidentalita’ dell’ultimo decennio (dal 2010 al 2019) si osserva come il numero degli sinistri, che nelle decadi precedenti aveva subito una marcata flessione, ha modificato il suo andamento evidenziando riduzioni molto più limitate.
In questo quadro generale alcuni dati risultano essere in controtendenza; prendiamo ad esempio il numero di incidenti che coinvolgono le biciclette. Sempre analizzando i dati nell’arco di un decennio, a fronte di una analoga iniziale marcata riduzione gia’ osservata per il numero complessivo degli incidenti, negli ultimi anni si osserva una lieve ripresa di tale tipologia di sinistri o, quanto meno, non una ulteriore riduzione.
Medesimo andamento e’ possibile osservarlo se si analizzano i dati dell’incidentalita’ relativi ai sinistri che hanno interessato un veicolo e un velocipede, ed in particolare i dati statistici relativi alle Vittime e ai feriti di tale tipologia di evento.
Da una prima analisi sommaria, sembrerebbe essere dinnanzi ad una asimmetria; da un lato il numero di incidenti continua a calare (oltre il 20% nell’ultimo decennio), dall’altro i sinistri che coinvolgono le utenze deboli rimangono stabili se non, addirittura, aumentano. Analogo andamento, ovvero di “non riduzione” del numero di sinistri, emerge anche per gli incidenti che coinvolgono pedoni.
Il problema fondamentale per poter interpretare correttamente questi dati dell’incidentalita’, che ACI e ISTAT redigono, e’ legato al fatto che non conosciamo esattamente il contesto in cui queste statistiche si creano.
Ad esempio, non si e’ a conoscenza dell’esatto numero di biciclette in circolazione o di quanti di questa tipologia di sinistri sia riconducibile o meno alla presenza di una pista ciclabile; non e’, quindi, possibile definire se le variazioni che si osservano negli ultimi anni siano o meno influenzate da altri parametri.
Anche per quanto attiene i pedoni non e’ possibile definire una correlazione precisa tra il numero di incidenti e la riduzione dei veicoli in circolazione, ovvero al maggior utilizzo del trasporto pubblico.
Quali osservatori privilegiati a cui viene chiesto di ricostruire la dinamica dei sinistri, possiamo comunque evidenziare che il problema fondamentale risulta essere non tanto il mancato rispetto delle regole quanto la macroscopica carenza di educazione stradale.
Con tale accezione si vuole intendere che, a tutti i livelli, sembra emergere la non conoscenza del rischio o, quanto meno, una sua sottovalutazione.
Un esempio su tutti: in presenza di un attraversamento pedonale il conducente di un veicolo ha l’obbligo di concedere la precedenza ma questo non significa che il pedone non debba farsi parte attiva per tutelare la propria incolumita’ soprattutto se il contesto prevede condizioni di scarsa visibilita’ come nelle ore notturne.
Nel 2019 su un totale di 5.426 sinistri che hanno coinvolto questa categoria di utenti della strada, 2.914 sono stati attribuiti ad attraversamenti effettuati in modo irregolare, 402 ad attraversamenti effettuati senza rispettare la segnaletica e 783 a fuoriuscite improvvise da un veicolo fermo o in sosta.
Sul punto sembrano convergere anche le Istituzioni tanto che l’ultima giornata sulla sicurezza stradale indetta dalla Regione Lombardia aveva come tema “EDUCAZIONE CIVICA, EDUCAZIONE STRADALE: CUI PRODEST?” (https://www.polis.lombardia.it/wps/portal/site/polis/DettaglioEvento/eventi-/eventi-2019/20191030-giornata-sicurezza-regionale/20191030-giornata-sicurezza-regionale).
Volendo e’ possibile fare un’ulteriore riflessione legandola ad una notizia rimbalzata sugli Organi di stampa in questi ultimi giorni. In Germania al conducente di un’autovettura e’ stata sospesa la patente in quanto ritenuto responsabile per una sua uscita di strada (ha perso il controllo del proprio veicolo?) mentre tentava di regolare la velocita’ del tergicristallo attraverso il touch-screen della propria autovettura (https://www.quattroruote.it/news/cronaca/2020/08/01/germania_esce_di_strada_usando_il_touchscreen_di_una_tesla_patente_sospesa_e_un_dispositivo_elettronico_.html.
Senza entrare nel merito delle argomentazioni addotte dal Tribunale tedesco, se non altro in ragione del diverso ordinamento giuridico, appare opportuna una seria riflessione sul “carico cognitivo” che ogni utente della strada deve gestire sui moderni veicoli.
La presenza di sistemi di infotainment sempre piu’ complessi e la progressiva riduzione, in alcuni casi scomparsa, di comandi fisici all’interno degli abitacoli, ha certamente mutato le operazioni che il conducente deve svolgere per “gestire” il funzionamento del proprio veicolo. Da un lato quindi vi e’ la necessità da parte degli utenti di apprendere nuove procedure, sino a quel momento effettuate con modalità differenti, dall’altro la necessita’ di comprendere se tale condizione ha effettivamente aumentato il “carico cognitivo” e quindi ridotto l’attenzione che si dovrebbe rivolgere alla strada.
La questione e’ stata sollevata piu’ volte, anche nell’ambito delle borse di Studio assegnate da ASAIS – EVU Italia, giacche’ recenti ricerche hanno evidenziato come il tempo impiegato per poter svolgere funzioni apparentemente semplici, come attivare o disattivare uno specifico sistema ADAS o verificare il funzionamento del medesimo sistema, comportino una distrazione dello sguardo dalla sede stradale per un tempo significativo.