Abbiamo ricevuto dalla Dr.ssa Manuela Caldironi queste note su Galileo Galilei del quale ricorre
quest’anno il quattrocetocinquantesimo anniversario della nascita
Dall’Introduzione al “Dialogo dei massimi Sistemi”, di Ferdinando Flora, edizione Mondadori
La vita di Galileo non è la vita raccolta e intima d’un pensatore assorto nel suo pensiero, ma quella intensa e combattiva dell’innovatore, che, conscio d’una sua missione scientifica, deve sgombrare il campo da pregiudizi millenari, scontrarsi con le istituzioni gelose d’una dottrina tradizionale conchiusa in formule dogmatiche come articoli di fede, aprir la via alla scienza moderna, al metodo scientifico moderno.
Deve ideare e costruire da sé i suoi strumenti; da sé deve faticosamente raccogliere i dati per le indagini: e non soltanto nella pace d’uno studio, non in un mondo di carta come i “filosofi in libris” che disprezza, ma direttamente nel “gran libro della natura”, per cui talvolta è costretto a passare notti e notti, anche d’inverno, “più al sereno e al discoperto che in camera o al fuoco”1. E, dopo averne appreso il linguaggio, il gran libro della natura, “scritto in lingua matematica”, egli scruta con occhio acutissimo e vigile, con un’ansia di verità che lo assillerà sino agli ultimi anni della sua vita, gli darà dubbi continui sui risultati raggiunti (da considerar provvisori piuttosto che definitivi), lo indurrà a tentar nuove “sensate esperienze” a conferma di un’ipotesi feconda o a danno di un’idea superata, gli farà scrivere: “ il mio cervello inquieto non può restar d’andar mulinando, e con gran dispendio di tempo, perché quel pensiero che ultimo mi sovviene circa qualche novità mi fa buttare a monte tutti i trovati precedenti”2.
E’ il dubbio dello scienziato moderno, che sistema fatti accertati in una teoria, pronto a sostituirla con altra più completa, quando un fatto nuovo dell’inesauribile natura sfugge alla precedente sistemazione.
Quel continuo mulinare del pensiero inquieto gli dà anche la certezza che, contro chi s’adagia per pigrizia mentale nel sapere dogmatico della tradizione, renderà Galileo di volta in volta insofferente, ironico, sarcastico e beffardo. Ma i suoi attacchi sono rivolti contro l’arbitrarietà dei procedimenti logici, contro l’incertezza dei dati sui quali si basa la dimostrazione. L’atteggiamento dogmatico è sterile, non suscettibile di progresso: nell’errore galileiano, invece, vi sono gli stimoli che condurranno alla verità scientifica di domani, perché all’errore egli è giunto non per mancanza di dottrina, ma per la sistemazione di “sensate esperienze” che potranno esser riesaminate più tardi da lui stesso o da altri seguendo il suo metodo, quello che farà di lui il padre della scienza moderna: il metodo sperimentale matematico, che Galileo da filosofo espone, da scienziato attua.