Daniele Antonio AZZARELLO
Prendo spunto dalla riflessione del Presidente Cipriani sul contraddittorio (direi questo sconosciuto) e porto la mia esperienza personale, riferibile ad un’attività svolta prevalentemente in un ambito civile e per le Compagnie, anche in ambiti regionali diversi.
La mia esperienza al riguardo non è particolarmente positiva. Nel senso che il mio contraddittore (spesso un CTU) in rari casi sa cosa significa (o accetta di) confrontarsi.
Mi capita spesso (ma non sarò certamente il solo) di scontrarmi con persone che poco o nulla sanno di incidenti stradali o, più semplicemente, che si fanno un film dell’incidente in esame e… lo fanno portare. E per farlo c’è chi è arrivato ad inventarsi avanzamenti e retromarce di decine di metri!
Ma a parte alcuni eccessi (sicuramente sono stato particolarmente sfortunato e, lo riconosco, caratterialmente agisco piuttosto d’impeto), di rado la mia ricostruzione viene considerata attendibile. E quando lo diviene, me ne meraviglio per primo. Una volta mi è anche capitato di sentirmi riconoscere una valutazione positiva… a posteriori. Meglio tardi che mai perché dimostra che, comunque, si lavora correttamente.
Qualcuno dice che, dato il fatto di lavorare per le Compagnie, devo considerarmi fortunato se una partita la perdo… bene.
Ambire a trovare la verità non è cosa da tutti. E poi, lo sappiamo, nell’ambito penale e nell’ambito civile la “verità” assume significati diversi.
Nel penale dove, soprattutto oggi, si “gioca” con le libertà personali forse c’è maggiore attenzione alla ricerca di una ricostruzione oggettiva, salvo che l’imputato sia drogato o ubriaco e lì, allora, subentra la tentazione (a volte nemmeno tanto celata) di essere noi i giudici per punire giustamente chi ha procurato un dolore. Perdendo la necessaria lucidità.
Viceversa, in civile facilmente subentra il ragionamento che “tanto paga la Compagnia” e allora decidere di non parlare di un possibile concorso della vittima probabilmente alleggerisce la coscienza e si fa presto a “contrastare efficacemente” il CTP di turno.
Tutto questo dimostra che nella ns. categoria sarebbe da chiedere a tutti coloro che operano nell’ambito giudiziario (compresi coloro che non navigano abitualmente queste acque) l’obbligo di svolgere incontri di aggiornamento, non solo tecnici, ma anche di ordine deontologico (deontologico = ciò che riguarda lo “studio del dovere”) per far scoprire a molti (e dico scoprire, non riscoprire) l’importanza del significato della parola ”contraddittorio”, in tutte le sue sfaccettature.
Personalmente, quando sono io quello che deve “ascoltare”, mi sforzo di farlo nel modo più obiettivo possibile, esaminando compiutamente le tesi e cercando di capire se ed in che misura siano accettabili. Condivido (come non farlo) il pensiero del Presidente riguardo il fatto che questo sia “un atteggiamento determinante nella ricerca della Verità nel senso più ampio”. E che, come tale, dovrebbe essere doveroso. Ma siamo uomini e donne e, come tali, fallaci.
Luciano BRENTONEGO
Caro Presidente, è con piacere che rispondo al tuo invito di esprimere i nostri punti di riflessione, sull’interessante argomento inerente il doveroso rispetto del “contraddittorio tra le parti”, nell’esercizio della nostra delicata quanto vituperata attività professionale, di Tecnici Analisti-Ricostruttori nel settore dell’Infortunistica Stradale. … omissis … Entrando in argomento sul tema fondamentale proposto, illustro alcuni spunti di riflessione sulla base del nostro vissuto quotidiano.
In particolare, sul mancato rispetto delle norme procedurali/processuali da parte di colleghi, ai quali evidentemente poco interessa la onesta ricerca della verità dei fatti, sui quali sono chiamati riferire al Magistrato che li ha incaricati (come Perito o CTU), od al cliente che li hanno nominati (come CTP) a chiarimento/salvaguardia delle proprie reali responsabilità e/o dei propri interessi, cui sono chiamati rispondere.
Sotto questo punto di vista pertanto, il diritto al più completo contraddittorio tra le parti, equivale ad un vero e proprio diritto di difesa, inteso in senso sostanziale. Nel processo civile, assumono grande rilevanza le questioni in tema di avvisi obbligatori alle parti costituite (intese come Legali e Consulenti Tecnici di parte), da parte del Consulente Tecnico d’Ufficio, nel corso dello svolgimento delle proprie attività. Recita infatti l’art.90/1°comma delle Disp.Att.c.p.c., che il Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) il quale – a norma dell’art. 194 del c.p.c. è autorizzato a compiere indagini senza la presenza del Giudice – deve comunicare alle partii il giorno, ora e luogo di inizio delle oo.pp., normalmente con dichiarazione inserita nel processo Verbale all’udienza di incarico e giuramento, oppure con apposito biglietto a mezzo del Cancelliere.
La questione sulla obbligatorietà degli avvisi, che il CTU deve comunicare alle parti sulla propria attività, ha sempre caratterizzato il dibattito processuale in tema di eventuali ammissione in merito. Si pensi sul punto, al caso tipico di effettiva lesione del diritto di difesa, a causa del mancato/omesso contraddittorio, conseguente al mancato avviso alle parti in relazione ad un accertamento tecnico irrepetibile del CTU (ad esempio su cosa o persona soggette a modificazioni irreversibili). E ciò in quanto, la CTU non è soltanto uno strumento di valutazione tecnica di dati e/o atti storici già acquisiti al processo, ma anche di accertamento e di ricostruzione di fatti storici su cui asseritamente si basa il processo, purché prospettati dalle parti in causa.
Infatti è noto, come il Giudice possa affidare al CTU, non solo l’incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per preesistenti (prodotti ed allegati in causa dalle parti), ma anche quello di accertare nel merito i fatti stessi (loro origine, natura, caratteristiche, conseguenze,ecc.). Nel primo caso, la consulenza presuppone l’avvenuto espletamento dei mezzi di prova, ed ha per oggetto la valutazione dei fatti ed elementi che sono già stati completamente provati dalle parti (consulenza “deducente”). Nel secondo caso, la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, senza che questo significhi che le parti possono sottarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del solo consulente incaricato dal Magistrato (consulenza “percipiente”).
Sul punto altresì, può accadere che il CTU nello svolgimento della sua attività investigativa (consulenza “percipiente”), trovi ostacolo nella mancata collaborazione della parte contro interessata (avversa a quella richiedente). In proposito la S.Corte di Cassazione com’è noto, ha più volte giustamente osservato che il rifiuto della parte di consentire al CTU incaricato, le necessarie indagini disposte dal Magistrato, per l’accertamento dei fatti oggetto di causa, costituisce condotta valutabile ex art. 116 c.p.c., ai fini dell’accertamento delle relative responsabilità. Ulteriore prova quest’ultima, che il più completo contraddittorio tra le parti nel processo, costituisce elemento imprescindibile per l’accertamento della verità sui fatti, sulla quale è chiamato pronunciarsi il competente Magistrato.
Nel corso della nostra attività professionale altresì, abbiamo avuto modo di constatare come non sempre vengano osservate – a garanzia del più completo contraddittorio tra le parti (da parte dei CTU e dei CTP) – le norme prescritte in merito ex art.90/3°comma delle Disp.Att. c.p.c.- ed art.92/2°comma delle medesime Disp.Att.c.p.,c., che prevedono com’ è noto: la prima che: “In ogni caso deve essere comunicata alle parti avverse copia degli atti defensoriali” ; La seconda: “ Il ricorso della parte non sospende le indagini del Consulente”.
Per questo, ritengo che il tuo invito caro Presidente, a condividere esperienze e riflessioni comuni sul vero significato sostanziale, della nostra specialistica attività professionale di Analisti-Ricostruttori nel settore dell’Infortunistica Stradale, debba sempre essere finalizzata al solo scopo di far conoscere la verità sui fatti richiesti dal Magistrato. Come detto, i miei sono soltanto semplici spunti di riflessione, sul vero significato da dare al più completo Contraddittorio tra le parti, precipuamente all’interno del processo civile. Spero di esserci riuscito.
Un caro saluto ed augurio di buon lavoro a te come Presidente, ed all’intero Direttivo ASAIS-EVU Italia.
dott. CORAL Claudio
Stim.mo Presidente ing. Luigi Cipriani
È risaputo che il contraddittorio riguarda una regola fondamentale del nostro ordinamento procedimentale in virtù della quale ad un soggetto destinato a subire gli effetti di una decisione da parte di un terzo imparziale viene offerta la possibilità di esprimere il proprio punto di vista sulla scorta di serie di elementi raccolti.
Con il contraddittorio, che postula conoscenza statica e dinamica, si consente all’interessato di fare valere le proprie argomentazioni, anche in termini di prove, avanti chi dovrà adottare un provvedimento.
Come si intuisce lo scopo del contraddittorio non può essere unico.
Sotto un primo profilo epistemico, permette al soggetto interessato di capire qual è la sua posizione e di manifestare le proprie opinioni e motivazioni.
Sotto un secondo profilo, ma sempre collegato al primo, dà a chi si trova in una situazione di responsabilità decisionale di ottenere preziose informazioni di conoscenza, che altrimenti non avrebbe potuto acquisire, da utilizzare al momento dell’adozione di un provvedimento.
Non si esagera pertanto nell’affermare che il contraddittorio ha un doppio rilievo: dare concretezza sia al diritto di difesa sancito a favore di ognuno, sia al supremo principio di imparzialità che governa la giustizia.
In tale delicato contesto, la nostra figura professionale svolge un ruolo determinante. Per tale ragione, è necessario dimostrare la massima professionalità sin dal momento del conferimento dell’incarico della difesa tecnica.
Ricordo che, data l’importanza, l’ordinamento prevede che siffatto principio valga anche nell’ambito della Pubblica Amministrazione quando deve essere adottato un atto da parte di un organo e/o ente amministrativo in vista del perseguimento di interessi pubblici.
avv. Angelo LATTARULO
Buongiorno,
forse nessuno meglio di me può comprendere come le più grosse difficoltà in materia di contraddittorio nascono dal fatto che tecnica e diritto parlano due lingue completamente differenti.
A chi non sarà capitato di assistere ad un esame di CTU; ebbene molto spesso legale e CTU dicono la stessa ed identica cosa eppure non si capiscono.
Il legale si limita a conoscere il risultato di un elaborato senza entrare nell’analisi del metodo utilizzato ed il tecnico, spesso erto sulla sua sapienza, non riesce a parametrare il suo linguaggio al livello di conoscenza del Giudice o dei legali stessi, lasciando intendere che il suo elaborato possa rappresentare un vero e proprio atto di fede.
Occupando le due sedie del tribunale, ovvero quella del legale e quella del consulente, mi convinco sempre di più che esiste un vero e proprio punto di incontro.
Un linguaggio comune che smorza i rispettivi gerghi tecnici tale da rendersi comprensibile a tutti e far accettare quella potrebbe essere la verità giuridica più vicina alla verità fattuale.
Una forma di contraddittorio sostenibile e costruttiva esiste. Io mi sforzo di farlo comprendere e questa è sicuramente una buona occasione per pensarci.
Grato come sempre per la vostra esperienza messa a disposizione così gratuitamente, l’occasione mi è gradita per porgere distinti saluti.
dott. Antonio PIETRINI
Intervengo volentieri sull’argomento introdotto dal collega, ing. Luigi Cipriani, ovvero “il contraddittorio” ed in particolare mi riallaccio all’interpretazione estensiva del concetto che ha magistralmente esposto
“Tutti noi procediamo attraverso un percorso di contraddittorio, anche quando da soli confrontiamo più tesi giungendo, alla fine, ad una deliberazione interiore frutto di una deliberazione privata che non ha avuto il confronto esterno; “…una ipotesi che resista al contraddittorio o emerga in esso e che in esso sia provata come vera ha senza dubbio una qualità epistemica diversa dalla ipotesi formulato privatamente senza un confronto pubblico e dialettico…”, questo si verifica anche per il solo fatto di aver preso in considerazioni diversi punti di vista o proprio perché non sono emerse diverse interpretazioni.”
In estrema sintesi mi sentirei di affermare che il contraddittorio così come esposto dall’ing Cipriani rappresenta la differenza tra una consulenza ed un’analisi ricostruttiva.
Tutti noi ci siamo trovati nella necessità di rivolgerci ad altre professionalità per avere dei chiarimenti ed approfondimenti in argomenti di pertinenza di quelle professionalità e ci siamo accorti che la difficoltà è spesso quella di come porre le domande.
Alla stessa domanda, infatti, posta solo con una diversa ottica ovvero da un diverso angolo di visuale, abbiamo molte volte avuto risposte anche sostanzialmente differenti e questo perché l’interlocutore si è “limitato” ad essere certo che fosse corretta rispetto alla domanda così come formulata.
L’analista ricostruttore non si può permettere di dare una risposta corretta, deve anche preoccuparsi di quanto sia esauriente ed esaustiva rispetto agli elementi oggettivi da cui l’ha dedotta.
Questo è il senso del contraddittorio più vero: sottoporre ad analisi critica (a contraddittorio) la propria deduzione per verificare, in primo luogo se da’ effettivamente riscontro a tutti i dati oggettivi, ed inoltre se è l’unica capace di dare riscontro a quei dati oggettivi.
Se abbiamo la fortuna, ad esempio quando svolgiamo la nostra attività quali C.T.U., P.U., C.T. del P.M., del G.I.P., del G.U.P., della presenza di C.T.P. preparati, almeno una parte del contraddittorio sarà garantito dalle diverse ottiche con cui dedurranno, ma se anche non ci fossero “contraddittori” esterni questo non ci dovrà sollevare dall’obbligo di essere noi stessi a sottoporre ad analisi critica le nostre conclusioni esaminandole da tutte le possibili angolazioni.
Se non vediamo alcuna possibilità di una diversa conclusione probabilmente è perché non abbiamo svolto una sufficiente analisi critica, mentre se possiamo superare tutte le diverse conclusioni in quanto non risponderebbero a tutti gli elementi oggettivi disponibili, potremo considerare effettivamente concluso il nostro compito.
Inutile dire, ma questo dovrà far parte eventualmente di altro approfondimento (che potrebbe essere quello della stesura della relazione conclusiva), che anche delle considerazioni escluse perché non coerenti rispetto a qualche riscontro oggettivo si dovrà dare atto nella relazione.
Almeno, personalmente la vedo così.